domenica 12 ottobre 2014

La regola dell'amica

Nell'ormai lontano 1998 il buon Max Pezzali ci insegnava che "se sei amico di una donna, non ci combinerai mai niente, mai, non vorrai rovinare un così bel rapporto".
Al tempo avevo appena sedici anni, sporadici amici di sesso maschile e una libreria piena di manga. Ricordo che ogni giorno, al mio ritorno da scuola, mi iniettavo una massiccia dose di ormoni adolescenziali con Dawson's Creek, dove i miei amici Dawson Leery, Joey Potter & Co. mi dimostravano che in realtà Max Pezzali non ci aveva capito una mazza.
La famosa regola dell'amico perdeva qualsiasi fondamento di fronte a un Pacey che si accorge di amare Joey, la quale a sua volta incredibilmente ricambia il sentimento, dopo ben due stagioni dall'inizio della prima serie.
Ebbene, nell'ingenuità della mia spensieratezza adolescenziale, sono sempre stata convinta che tutto ciò fosse applicabile anche alla vita reale.
Finché l'essere umano non inventò quel termine preso in prestito dalla lingua inglese che tanto spaventa le generazioni moderne.
Un uomo incontra una donna in un luogo X. Si guardano furtivamente, poi lui decide di avvicinarsi e a quel punto iniziano a chiacchierare del più e del meno. Pare che vadano d'accordo, va da sé che il prossimo passo sta nello scambiarsi i rispettivi contatti Facebook, con cui poter chattare e mettere un mirato Like sulle nuove foto postate di tanto in tanto. Non ci si vede per un po' ma si chatta una volta a settimana, poi due, poi tutti i giorni. Ci si evolve cercandosi su WhatsApp. Nasce un piacevole rapporto, quindi perché non rivedersi?
Sabato alle undici e mezza, ci si vede al Cubo.
Due salti nella saletta rockmetalhardandheavy, un paio di cocktail e si finisce sul divanetto a chiacchierare. Si ride, ci si confida, ci si racconta le esperienze passate, ci si chiede cosa aspettarsi da quelle future. "Sai con te mi trovo proprio bene..." Fin qui nessun contatto fisico, anche se a volte ci si sfiora quasi a volersi provocare l'un l'altro per vedere chi cede prima. Stesso scenario il sabato seguente. E il seguente. E il seguente ancora.
Al quinto incontro, lui decide di alzare un po' il gomito, per acquisire quella sicurezza necessaria a fare il primo passo e lasciarsi andare. Ma nelle alcoliche esalazioni di un istante quasi propizio, un allarme sembra suonare nella sua testa. Un'insistente sirena come se i vigili del fuoco avessero preso possesso del suo cervello. Non può far altro che bloccarsi e tirarsi indietro.
"Sto forse sognando...?" pensa lui, ma l'omino sudato che spasmodicamente gli corre incontro sembrerebbe più che reale.
Ha un megafono in una mano e sembra gridare qualcosa. Nonostante la musica alta, il messaggio arriva chiarissimo alle sue orecchie:
"STAI ATTENTO, NON MUOVERTI! SEI STATO FRIENDZONATO!!!"
Il ghigno di Max Pezzali in sottofondo risuona malefico e straziante.
A quanto pare, esiste un tempo limite entro il quale fare le proprie mosse per cercare di conquistare una donna, dopodiché si entra nella temutissima friend zone, dove si è arrivati a quella confidenza giocosa di buoni amici che ti dà quella pacca sulla spalla per dirti che ormai t'attacchi ché ti sei giocato qualsiasi possibilità.
Il concetto è chiaro ai più, ma la vera tragedia in realtà è un'altra.
Il lusso di poter dire "non potrei mai fare nulla con te, siamo troppo amici e non vorrei rovinare questo rapporto" credevo fosse prerogativa esclusiva di noi donne.
Nell'inaccettabile moderno ribaltamento dei ruoli accade a volte che anche gli uomini friendzonino noi desiderabilissime fanciulle. Sebbene con alcune piccole e fastidiose varianti.
Un grave errore da evitare, ma che capita abitualmente di commettere anche alla sottoscritta è quello di "maschilizzarsi". Voglio dire, una donna single in pubblico non dovrebbe mai fare battute a sfondo sessuale, sedersi a gambe aperte e con la schiena rilassata, parlare di bisogni fisiologici, dire cazzate, dire "cazzo", non nascondere il fatto che i propri arti possano essere pelosi dopo un mese di assenza dell'estetista, bere molta birra, lasciarsi sfuggire un rutto, ammettere di odiare i film romantici e i Negramaro, fare il tifo per una squadra di calcio, giocare a calcio e/o a PES, dimostrarsi ambiziosa e indipendente, in generale, parlare di cose sensate.
Seppur tutti questi comportamenti possano apparirci assolutamente naturali e spontanei, la verità è che questa simpatica genuinità verrà tradotta da un uomo come se noi fossimo suoi simili.
E non muse irraggiungibili di cui è avvezzo infatuarsi.
Soprattutto creerà nella sua testa la convinzione che la pensiamo allo stesso modo, che siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Anche in termini di relazioni sentimentali, ovviamente. Perché tenete presente che un uomo che friendzona una donna non vuol dire che non se la porterebbe a letto, semplicemente, nella sua convinzione di trovarsi di fronte a un suo simile, avrà la certezza che per noi è tutto molto normale.
Quando lui si avvicinerà per abbracciarci e dirci quant'è piacevole il tempo trascorso insieme, quando ci chiederà qualche consiglio, supporto, opinione, quando ci inviterà a casa sua a fare una partita ad Assassin's Creed perché ci considera il suo migliore amico e compagno inseparabile di merende, sarà la concreta dimostrazione che siamo state friendzonate a tutti gli effetti.
Noi che pensiamo di conquistare un uomo con la simpatia e la spontaneità, piuttosto che con le cosce, lasciatemelo dire, non ci abbiamo capito un cazzo.
BURP.

martedì 25 febbraio 2014

Fidarsi del meteo è bene, non fidarsi è meglio.

Un weekend in una capitale europea è proprio quello che ci vuole, di tanto in tanto, per staccare un po' quella spina che abitualmente ci stringe il collo, di cui ricordiamo l'esistenza ogni mattina intorno alle 7 meno un quarto.
Un volo prenotato con largo anticipo, con l'astuzia di chi intende approfittare delle offerte stracciate che ti propongono quelle gettonatissime compagnie aeree low cost quali easyfall.co.uk, brokenwings.de, liarair.com, oppure la più rinomata nostrana ali-taglia.it.
Destinazione Berlino.
Due Thelma e Louise di Roma Sud alle prese con crauti, crucchi, brezel, würstel e weizenbier.
L'eccitazione sale sempre alle stelle pochi giorni prima della partenza. Nella checklist delle cose da fare non mancano mai: il check-in online, l'acquisto di una scatola di xamamina, un approfondito studio del portale turistico ufficiale della città da visitare, nonché una capatina in libreria per dei fugaci scatti hi resolution fatti di nascosto con lo smartphone alle pagine chiave della Lonely Planet, una dettagliata ricerca su google "vita notturna a Berlino, i locali più cool, trendy & sfascioni", una casereccia stampa della mappa della metro, il download di una qualche decente translation app sul cellulare per sfoderare con molta disinvoltura maccheroniche frasi in tedesco all'occorrenza.
Ma indispensabile più di ogni altra cosa è sapere che tempo farà. Orientativamente, diciamo. Giusto per rendermi un po' conto se potermi permettere di stare a spallucce scoperte, come ultimamente mi aggrada assai, anche in una città cosmopolita come Berlino. Riflettendoci per un microsecondo, ho saggiamente abbandonato l'idea di portarmi maglioncini sfoggia-spalluccia, presumendo che la Germania abbia temperature un tantinello più rigide rispetto a Roma.
Per noi viaggiatori con un solo bagaglio a mano, dove neanche la custodia della fotocamera è permesso portare a tracolla, è davvero fondamentale sapere come riempire il nostro trolley al meglio delle sue capacità.
Un'infanzia trascorsa a giocare a Tetris è sicuramente stata un'ottima scuola per poter organizzare gli spazi da adulti in maniera ottimale. Dalla sistemazione di confezioni di tortellini, zuppe precotte e casse di birra in frigo, al perfetto incastro di vestiti, trucchi, fon, piastra, ferro da stiro da viaggio e almeno due paia di scarpe per serate danzerecce in uno spazio di appena 50 x 40 x 20 cm, per l'appunto.
Una rapida occhiata al meteo e il gioco è fatto:
E adesso, cerchiamo di mantenere la calma.
Nevicate?? -20 gradi??? Manco andassimo in Alaska!
Fanculo la spalluccia, qui rischiamo di passare il fine settimana con Capitan Findus!
L'unica soluzione in questo caso è rifugiarsi in una tuta da sci. Una veloce sessione di shopping e in men che non si dica sono perfettamente attrezzata con scarponi ripieni di pecora, guanti, sciarpe, cappelli in pile di varie fogge e colori, calzamaglie con motivi natalizi e scaldamuscoli fluo con ponpon sballonzolanti. Quando si tratta di abbigliamento, noi donne non abbiamo nulla da temere. Siamo in grado di essere perfettamente fèscion in qualunque circostanza, anche quando le stalattiti sotto le ascelle sembrano metterci con le spalle al muro.
A due giorni dalla partenza mi accorgo casualmente che nel mondo esiste più di una Berlino.
Nel North Dakota, al confine con il Canada, vi è un insulso centro abitato (definirlo città è un'esagerazione) che conta appena 35 abitanti e che si chiama proprio Berlin.
Ora, non è mia intenzione disquisire sulla brillante capacità degli americani nel dare nomi originali alle loro città, ispirandosi vagamente a luoghi che già esistono in qualche altra parte del mondo a loro ignota.
Mi turba maggiormente il fatto che un'applicazione indispensabile nella vita come quella del meteo, in casi di omonimia geografica, prediliga alle capitali europee i piccoli villaggi delle Alpi statunitensi, creando disagi fantozziani a soggetti rincoglioniti come la sottoscritta.
Mi viene il dubbio che la destinazione del nostro volo di venerdì sia davvero la capitale tedesca... Maledetta vita low cost!

venerdì 24 gennaio 2014

Ash to ash, dust to dust

Accade ultimamente che il mio mondo interiore si esprima tuttalpiù attraverso schizzi di china e pennellate di pantone.
Il che implica il fatto che qualsiasi frase mi capiti anche casualmente di ascoltare, o qualsiasi scena mi si presenti davanti, si traduca immediatamente nella mia testa in un’ilare vignetta che non vedo l’ora di rappresentare (da qui l’espressione “me sto a disegnà sotto”). La maggior parte delle quali, per scarsità di tempo e carenza di una buona memoria a breve termine, tende infine a suicidarsi gettandosi nel limbo del dimenticatoio.
Pochi giorni fa, tra le righe di un aggiornamento di status pubblicato sulla mia personale bacheca Facebook, decantavo le mie lodi di casalinga dalle originali velleità.
Scrivevo, per l’esattezza:

"Passare l'aspirapolvere e vedere quei batuffoli di polvere contorcersi su se stessi per poi venirne velocemente risucchiati mi trasmette una sensazione di sadica onnipotenza...
Torbide fantasie di una casalinga disperata."

Questa vignetta nasce proprio così. Fantasticando su quei batuffolini che ogni giorno vedo danzare e rotolarsi innocenti e felici allo scostarsi di un divano o di un comò al lato letto. E sul mio naso che istintivamente non può fare a meno di starnutire al solo pensiero.
Sono bencheppiù sicura che tutti voi nerd conosciate il significato dell'espressione ROTFL, ma per i più niubbi tengo a specificare che si tratta di un acronimo dell'iperbole inglese Rolling On The Floor Laughing (sto rotolando per terra dal ridere).